Le disuguaglianze territoriali nei diritti dei cittadini
17 Ottobre 2024Economia e conti pubblici: le scelte da fare in Italia e in Europa*
22 Ottobre 2024di Mirta Michilli, direttrice generale Fondazione Mondo Digitale
Innanzitutto, una premessa: io credo fermamente che la tecnologia sia una grande leva di progresso, di crescita individuale e collettiva, ed anche di democrazia. È una grande opportunità di ricchezza per noi donne e per il Sud del Paese.
Naturalmente sono consapevole dei rischi, ma questo è tutto un altro tema.
Quasi 25 anni fa con il professor Tullio De Mauro, il professor Molina e Mariella Gramaglia abbiamo creato la Fondazione mondo digitale, il cui slogan è da sempre “lavorare per una società democratica della conoscenza”, in cui la tecnologia e l’innovazione siano a vantaggio di tutti nessuno escluso.
La sfida dell’inclusione era una sfida 25 anni fa, ed oggi lo è ancora di più, se si considerano ad esempio tecnologie che crescono molto rapidamente, estremamente pervasive e con alto potenziale disruptive in tanti settori, come l’intelligenza artificiale.
Lo sviluppo tecnologico e la digitalizzazione sono però fonti di grande ricchezza.
L’Europa in generale, l’Italia in particolare, da oltre 20 anni registra una crescita molto lenta. La produttività è il fattore che influenza di più la crescita. La differenza principale nella crescita della produttività tra Stati Uniti ed Europa è dovuta in larga parte al settore tecnologico, alla digitalizzazione. Se escludiamo questo settore la crescita delle due economie sarebbe analoga.
L’Italia deve affrontare questa sfida in un contesto ancora più difficile, perché vive da tempo un inverno demografico importante. Il recente rapporto Istat stima che per il 2050 avremo poco più del 50% della popolazione in età attiva, il 54,4%, con enormi ripercussioni sul mercato del lavoro e del welfare.
Ma chi di noi pensa che possiamo rinunciare alla ricchezza che abbiamo conquistato, al nostro modello di protezione sociale, seppur malandato?
Allora non abbiamo altra scelta che sostenere lo sviluppo della digitalizzazione, e adeguarci ai rapidi cambiamenti tecnologici mettendo in campo politiche adeguate che non lascino indietro nessuno, perché il progresso tecnologico è favorito dalla capacità della società di “assorbire” l’innovazione, e viceversa, la crescita della società è rafforzata dal progresso tecnologico, perché ogni processo di innovazione, come sostiene il nostro direttore scientifico il professor Alfonso Molina, è sempre un processo socio-tecnico.
Tante e diverse sono le politiche da mettere in campo, noi crediamo però che la priorità debba essere quella di mettere al centro le persone, lo sviluppo del capitale umano, l’empowerment dei cittadini, a partire dai giovani e dai più fragili.
Ed allora ecco la mia personale lista di cose da fare.
Partiamo dal lavoro, dalle competenze dei lavoratori.
- Riqualificazione della forza lavoro.
Il rapido sviluppo tecnologico rischia di rendere obsolete velocemente le competenze di tanti lavoratori, soprattutto degli over 50, che hanno bisogno di meccanismi ed incentivi per riqualificare ed accrescere costantemente le proprie competenze.
Oggi tra gli occupati
- le competenze digitali di base sono 8 punti sotto la media Ue27
- poca formazione ICT erogata dalle imprese (54,7% contro 65,3% Ue27)
Noi sperimentiamo costantemente in questa area la virtuosità di collaborazioni pubblico-privato, e del ruolo del terzo settore come catalizzatore di istanze di cambiamento.
Il nostro programma di punta oggi sull’intelligenza artificiale per i lavoratori, completamente gratuito, è sviluppato in collaborazione con grandi aziende del settore ed università, che attraverso noi mettono a disposizione contenuti formativi altamente innovativi, ma che non potrebbero erogare direttamente.
- Incoraggiare la formazione in settori altamente qualificati, con programmi specifici per le donne in STEM e per i NEET
Abbiamo:
- pochi specialisti ICT di età inferiore ai 35 anni, il 29,3% contro il 37,3% della media Ue27, anche se in aumento
- pochi laureati nelle discipline ICT (solo 1,5% nel 2022 contro 4,5% Ue27)
- la partecipazione femminile nel settore ICT è molto bassa, con una perdita di ricchezza per le donne e per il Paese.
- Alto tasso di NEET. Spesso i percorsi formativi non sono allineati con le esigenze del mercato del lavoro, e molti giovani si trovano con competenze poco richieste.
Tra le iniziative che promuoviamo due ecosistemi nazionali scuola-università-imprese: il primo sulle professioni legate allo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale dedicato ai giovani, con competizioni tra scuole, contest scuola-università, premio per giovani ricercatori, ed il secondo per le ragazze in Stem con role model al femminile dal mondo delle imprese e delle università.
- Incoraggiare l’apprendimento degli adulti durante tutto l’arco della vita.
Oltre un terzo dei cittadini italiani tra 16 e 74 anni (36,1%) ha competenze digitali insufficienti.
Interventi per migliorare l’infrastruttura digitale o l’innovazione tecnologica, devono procedere parallelamente ad interventi di alfabetizzazione digitale. L’Italia è tra i paesi con il più alto numero di soluzioni di e-government, ma tra i Paesi dove i cittadini le usano meno.
Noi proponiamo che siano istituiti meccanismi incentivanti per far sì che ogni intervento sia pubblico che privato sull’infrastruttura digitale, preveda azioni sulle competenze digitali dei lavoratori e dei cittadini.
Ogni appalto pubblico potrebbe prevedere le competenze digitali necessarie in funzione dell’appalto, definire meccanismi premiali in base ai target da raggiungere, e dare flessibilità alle imprese di proporre come raggiungerli.
SCUOLA e SISTEMI DI ISTRUZIONE
Abbiamo necessità di tornare a fare investimenti massicci sulla scuola
- Adeguare l’offerta formativa
rinnovando i curricula, sollecitando l’ibridazione disciplinare, superando le varie disparità (di accesso, territoriali, ecc.), favorendo l’innovazione incrementale, creando contesti facilitanti per la sperimentazione didattica e l’aggiornamento continuo dei docenti.
- Istituire un vero sistema di orientamento scolastico, universitario e professionale.
Oggi manca completamente un sistema di orientamento efficace, a tutti i livelli. Tutto è lasciato alle famiglie, che non sempre hanno gli strumenti adeguati ad accompagnare i figli in fasi cruciali del proprio percorso educativo e professionale.
Anche sull’orientamento sperimentiamo da tempo il ruolo virtuoso del terzo settore come collettore di istanze da parte delle imprese e delle università, ed attore capace di accompagnare gli studenti e le famiglie in percorsi virtuosi di scelta consapevole ed informata.
La sfida irrinunciabile di garantire una transizione verso un’economia digitale equa, inclusiva e sostenibile, che metta al centro lo sviluppo della persona, richiede pertanto politiche coordinate di lungo respiro tra pubblico e privato, con il coraggio di immaginare un ruolo diverso per il terzo settore, che non sia il solito “tappabuchi” rincorrendo le emergenze, ma come attivatore sociale e mediatore di istanze diverse.
Oggi dobbiamo avere il coraggio di mettere in campo le migliori energie del Paese sollecitando il protagonismo di tutti, in un contesto di regole chiare e meccanismi incentivanti per ciascuno. Senza nessuno steccato. Ognuno può e deve fare la sua parte.
* Intervento al convegno “Rilanciare l’economia, dare valore alle persone”