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In passato Carlo Nordio ebbe a dichiarare che l’errore, l’equivoco della destra, è quello di pensare di garantire la sicurezza attraverso l’inasprimento delle pene, la creazione di nuovi reati e magari con un sistema carcerario come quello che abbiamo che diventa criminogeno.
Coerentemente con quelle opinioni, appena nominato Ministro della Giustizia Nordio disse che “la velocizzazione della giustizia transita attraverso una forte depenalizzazione, quindi una riduzione dei reati. Occorre eliminare il pregiudizio che la sicurezza o la buona amministrazione siano tutelate dalle leggi penali. Questo non è vero”.
Il Ministro, con toni solenni, volle poi rilanciare quelle considerazioni argomentando sulle ragioni che le ispiravano e, quando furono illustrate al Parlamento le linee programmatiche dell’azione ministeriale, sostenne: “Questo principio teorico della natura retributiva (della pena) confligge con la sua realizzazione pratica, dove l’applicazione concreta della pena è futura e incerta ed è inversamente proporzionale alla previsione, cioè alla sua astratta severità. Tre furti commessi in tre abitazioni sono punibili con trent’anni di reclusione: di fatto, il giudice irroga quindici mesi con la sospensione condizionale e il condannato non sconta nemmeno un giorno. Di conseguenza, assistiamo all’uso – e talvolta all’abuso – della custodia cautelare, come surrogato temporaneo dell’incapacità dell’ordinamento di mantenere i suoi propositi. Si tratta, quindi, di una retribuzione puramente immaginaria. Questa benevolenza finale, per la quale alla facilità di ingresso in carcere prima della sentenza fa generalmente seguito quella della liberazione dopo la condanna, non è una manifestazione di generosità, ma un attestato di rassegnazione”. E ancora insisteva “Certezza e rapidità della pena non significano tuttavia sempre e solo carcere. Non solo perché il numero delle condanne è incompatibile con la capienza del sistema carcerario, ma proprio perché la consapevolezza di questa incompatibilità orienta il magistrato a una condanna puramente cartacea, che rimane ineseguita. … per quanto riguarda i reati minori, la moderna criminologia ci ammonisce che sotto l’aspetto afflittivo, preventivo e rieducativo esistono sanzioni assai più efficaci di una detenzione puramente virtuale. In termini giuridici e razionali è meglio la concreta esecuzione di una pena alternativa, che faccia comprendere al condannato il disvalore della sua condotta, piuttosto che la platonica irrogazione di una pena detentiva cui faccia seguito la sua immediata liberazione”.
Insomma, Nordio affermava il rifiuto assoluto delle culture pan-penalistica e carcero-centrica in forza delle quali ad ogni fatto ritenuto portatore di disvalore rispetto agli orientamenti della maggioranza di turno il Potere politico risponde con la creazione di un nuovo reato e con la condanna al carcere. Al Ministro, dunque, non sfuggiva che quella pratica, che possiamo definire “il diritto penale del nemico”, un diritto penale ad uso e consumo della maggioranza parlamentare, è da un lato pericolosa per le libertà dei cittadini e, dall’altro, anche se può sembrare anti-intuitivo, non ha mai prodotto alcun beneficio per la sicurezza del Paese perché promuove un modello ideologico, contraddittorio e tendenzialmente inefficace. Ovviamente per un governo in carica è estremamente facile realizzarlo, soprattutto se ricorre con estrema e pericolosa facilità alla decretazione di urgenza. Molto più difficile è invece adottare un modello che investe in prevenzione sul territorio, in forze dell’ordine, in cultura, nella scuola, nelle azioni di rigenerazione urbana, modello – quello sì – che rende un luogo meno penetrabile dalla criminalità.
Ma cosa è successo nel nostro Paese dopo quegli impegni formali e solenni? Come ha operato da allora il Governo del quale Nordio è il Ministro della giustizia?
Un anno dopo, sembra incredibile a dirsi, il Governo ha scelto di fare esattamente l’opposto di ciò che Nordio si era impegnato a realizzare. Il Governo ha, infatti, creato e sta continuando a introdurre nel codice penale tanti nuovi reati. Per ogni fatto di cronaca, che ha assunto rilevanza mediatica, la risposta del Governo è stata creare un nuovo reato punito con il carcere, con buona pace per le belle parole di Nordio che in tale prassi vedeva una pena “puramente immaginaria”, “un attestato di rassegnazione”, “condanne puramente cartacee”.
Per averne conferma basta scorrere l’elenco della copiosa produzione normativa a cui è ricorso l’Esecutivo in materia di nuove fattispecie penali. È stato introdotto il reato contro i raduni musicali illegali, puniti fino a sei anni di galera. Eppure nel codice penale italiano l’adescamento di minori è punito con una pena detentiva nettamente inferiore (da uno a tre anni). In presenza di tali assurde distonie il nostro sistema penale appare assolutamente irrazionale. E’ stato inventato il c.d. reato di “stesa” (fattispecie rivolta ai minori e che punisce chi facciaesplodere colpi di arma da fuocoo bombe o altri ordigni) punito fino ad 8 anni di carcere; nel c.d. “pacchetto sicurezza” sono contenuti il reato di rivolta in istituto penitenziario e il reato di rivolta nei CPR (entrambi puniti con pena fino a 8 anni di carcere) e, per non farsi mancare niente, è legge da alcuni mesi il reato di abbattimento dell’orso marsicano con pena fino a 2 anni di reclusione.
Per ogni fatto letto sui giornali o raccontato sulle TV ne è conseguito un nuovo reato. Un diritto penale, dunque, che, se si è mostrato troppo spesso generoso verso gli amici, è stato brutale e aggressivo verso coloro che sono considerati nemici.
Un anno dopo, quindi, le promesse di Nordio sono clamorosamente superate dai fatti: una decina di nuovi reati e, come immaginabile, tanta insicurezza nelle nostre città perché anche sulla sicurezza il Governo sta fallendo la sfida e disattendendo le tante promesse elettorali. La destra tenta di scaricare le responsabilità di questo fallimento talvolta sui governi precedenti, in altri casi sui sindaci ma è tentativo vano perché l’ordine pubblico spetta al Governo e in particolare al Ministero dell’Interno. Tale fallimento, peraltro, non è una sorpresa, né dovrebbe esserlo per Nordio che aveva correttamente bollato come inefficace il metodo pan-penalistico che insegue affannosamente la criticità mediatica del giorno. Eppure il Governo vi ha attinto a piene mani, nella più scontata tradizione della destra che poi si infrange contro la complessità dei temi e denota l’assoluta mancanza di una visione sistemica del Paese su cui indirizzare le singole azioni pubbliche orientate a realizzarla.
Insomma, erano stati promessi meno reati e più sicurezza ma per furore ideologico tanti nuovi reati hanno già visto la luce, senza che a ciò, come era prevedibile e come già teorizzava Nordio un anno fa, sia conseguito un maggiore grado di sicurezza nelle città italiane.
La giustizia è un settore delicato nel quale entrano in gioco valori preziosi e fondamentali per la tenuta democratica del Paese e, pertanto, dovrebbe essere tenuta al riparo dal settarismo ideologico perché da tale approccio derivano grandi scontri, sacrificio di diritti fondamentali e, infine, l’adozione di un modello penalistico che si mostra assolutamente fallimentare persino rispetto agli obiettivi che si prefigge di realizzare.