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12 Gennaio 2024– Autore: Nicola Zingaretti –
Quando si parla di Digitale ed ICT sembra che ormai tutti siano esperti. La realtà è che molti usano solo le cosiddette parole d’ordine senza però realmente capire il contesto in cui le varie tecnologie operano. Ed ecco che sentiamo spesso parlare di 5G, Intelligenza Artificiale, Cloud Computing, Edge Cloud, IoT, FTTH, WiFi, ecc. Il salto in avanti sarebbe quello di articolare un disegno di futuro per il nostro paese e per l’Europa. Nessuno, con visione, riesce a proporre l’Italia che vorrebbe e come queste tecnologie possano aiutare, a cambiare, a crescere, a vivere meglio.
Se il compito della politica è quello di dare un indirizzo allo sviluppo, oggi questo non può avvenire senza una piena conoscenza e consapevolezza su quello che ci sta accadendo intorno.
Ho la netta sensazione che a parte gli indirizzi la “classe dirigente” del dopoguerra fosse più in grado di muoversi nel futuro che non la nostra.
Apriamo dunque un processo e proviamo, in maniera semplice, mettendo insieme tutti i “pezzi del puzzle”, a creare una visione unitaria, a descrivere come queste tecnologie possono interagire tra loro. Disegniamo il ‘sistema’ che porta innovazione e che ci permetterà di fare parte del futuro. Quali sono i punti cardine dentro i quali muoversi?
CONNETTIVITA’
In primo luogo la connettività. Con connettività si indica genericamente la possibilità di collegare il proprio PC o tablet o smartphone o device ad internet. Questa può essere sia connettività fissa, quella che tipicamente attiviamo nelle nostre case, che mobile, quella che usiamo con il nostro smartphone quando siamo fuori da casa o dall’ufficio. In mobilità appunto.
La connettività fissa per accedere ad internet, vede la diffusione di massa sulla fine degli anni ‘90 con i primi modem telefonici che ‘gracchiavano’ prima di stabilire il collegamento. Evolve poi con l’ADSL, con lo FTTC (Fiber to the Cab, fibra fino al cabinet di strada e poi rame per entrare in casa) e oggi con FTTH (Fiber to the Home, fibra fino dentro casa) o con FWA (Fixed Wireless Access, un collegamento radio di tipo fisso, non mobile). La connettività dati mobile invece nasce con il protocollo GSM e le sue successive evoluzioni, Edge, 3G, 4G ed oggi 5G. Tutte le tecnologie fin ora menzionate, in una rete di telecomunicazioni, costituiscono la cosiddetta rete di accesso (in sostanza la parte che unisce la casa del cliente o il telefono mobile con il primo nodo di rete, la centrale telefonica o central office). I vari nodi di rete sono poi collegati (sempre in fibra ottica) tra loro attraverso i cosiddetti backbone nazionali ed internazionali.
I DATA CENTER
Ognuno di noi si collega ad internet per fruire di contenuti (siti web, TV on demand, Live streaming, Data Base centralizzati, ecc.) e per scambiarsi informazioni (Call, VideoCall, e-mail, instant messaging, collaboration, ecc.).
Ma dove risiedono fisicamente queste informazioni e questi contenuti? Sono su potenti PC detti Server, con grandi Hard Disk, detti Network Storage Area.
Ma dove si trovano questi oggetti? Sono all’interno di edifici, i Data Center, che hanno particolari caratteristiche di affidabilità in termini di energia disponibile, di condizionamento per mantenere una temperatura costante, di connettività di backbone per consentire a grandissimi numeri di persone di poter accedere ai contenuti simultaneamente ed infine in termini di sicurezza informatica e fisica per salvaguardare l’integrità dell’informazione. L’insieme dei Server all’interno dei Data Center costituisce il cosiddetto Cloud.
I DATI E LE APPLICAZIONI
Quelli che abbiamo chiamato contenuti e informazioni non sono altro che grandi quantità di dati organizzati che vengono utilizzati attraverso opportune applicazioni (software specifici per ogni necessità).
Ed ecco che ogni giorno usiamo motori di ricerca come Google o Bing, o posta elettronica dei vari fornitori, o applicazioni per accedere al nostro conto online, o per prenotare una visita o ogni altra cosa che vogliamo fare.
I TRE PEZZI DEL PUZZLE
Insomma, se vogliamo descrivere l’ecosistema ICT con concetti semplici, ci accorgiamo che tutta la complessità può essere condensata in tre elementi: la connettività, i data center e i dati e le applicazioni.
Ma che cosa è successo negli ultimi 30 anni a queste componenti? Partiamo dalla fine. I dati e le applicazioni.
I primi a comprendere l’importanza dei dati e delle applicazioni sono stati gli americani. Hanno immediatamente capito come costruire valore dalle tecnologie che non necessariamente avevano sviluppato loro. Pochi sanno ad esempio che uno dei primi motori di ricerca del mondo era italiano (Arianna), nato anni prima di Google. Come però spesso accade, il nostro sistema paese e l’industria italiana non ne hanno compreso le potenzialità e non hanno sostenuto l’innovazione e la ricerca.
Negli Stati Uniti invece il tessuto dei Venture Capital ed il Governo hanno reso possibile lo sviluppo di quello che va sotto il nome di GAFAM (Amazon, Apple, Google, Meta e Microsoft).
La massa critica di dati ed applicazioni che questi 5 soggetti hanno ormai immagazzinato e gestiscono è tale per cui pensare di competere è puramente follia.
Gli unici in grado di competere sono i cinesi con Alibaba, Baidu e Tencent in primis. La quantità di dati disponibili sul mercato cinese è immensa ed unica. Nel paese asiatico sono nate addirittura delle Borse dei dati che sono come delle vere e proprie borse valori dove i dati possono essere venduti e comprati. Questo per consentire anche alle piccole e medie aziende di averne accesso o di poter valorizzare i propri dati.
Purtroppo per noi italiani ed europei competere su questo terreno è pura utopia. Quello che dobbiamo cercare di fare è trovare innovativi modelli di collaborazione e di innovazione.
Ma dove sono i data center che ospitano questi dati?
I grandi data center che ospitano i dati sono ormai distribuiti in tutto il mondo. Anche in Italia, tipicamente nell’hinterland milanese, si sono stabiliti i primi.
Pochi sanno però che, escluse alcune eccezioni di carattere nazionale, i grandi data center che ospitano i GAFAM sono di proprietà americana. Difficile, ma non impossibile, anche in questo caso pensare di spostare queste grandi quantità di dati.
Ma allora dove possiamo giocare un ruolo?
Come abbiamo detto all’inizio, la connettività si divide in due: accesso e backbone.
L’accesso è una componente fisica strettamente legata alla geografia ed al territorio. Infrastrutture di cavi e torri per antenne che sono distribuite su tutto il paese.
In Italia Sparkle.
UNA IDEA PER RITROVARE CENTRALITÀ
Il bello delle tecnologie è che si innovano sempre e ad ogni innovazione, i più attivi, colgono le opportunità.
Da alcuni anni stiamo vivendo un passaggio epocale. Il passaggio dal rame, che ha caratterizzato le nostre reti di accesso negli ultimi 80 anni, alla fibra ottica.
Queste reti sono capillari e pervasive, strettamente attaccate al territorio. Qualcosa che può essere fatto in Italia solo da imprese, cittadini e politica nazionale. Sarebbe bello rompere meccanismi ideologici e muoverci tutti nella direzione di comune interesse perché queste vengano realizzate il più velocemente possibile.
Sulla partita di separazione della rete di TIM a questo punto bisognerà vigilare bene e dare indirizzi chiari. Il MEF partecipa al 20%. Il fondo che controllerà la rete sarà un fondo americano ma è più che probabile che tra qualche anno, a cablaggio terminato, sceglierà di mettere sul mercato le proprie quote (per realizzare il suo guadagno) e questa potrebbe essere l’occasione affinché la rete diventi controllata dal MEF così come Enel, Terna o ENI.
La diffusione della fibra fino a casa darà il via alla possibilità di usare a cittadini ed imprese italiane le applicazioni in maniera più efficace ed efficiente, contribuendo ad una vera digitalizzazione e alfabetizzazione digitale del paese.
In questo scenario le grandi quantità di dati dovranno essere ospitate in data center che non potranno più essere pochi e concentrati in una città per nazione. Dovranno essere distribuiti sul territorio. Ed ecco un primo ambito nel quale dobbiamo ribaltare le dinamiche. I data center distribuiti o meglio gli EDGE Data Center devono rappresentare per l’Italia e per l’Europa una occasione di riscatto. Dobbiamo avere grandi multinazionali italiane ed europee che li posseggano e li gestiscano.
A quel punto due pezzi del puzzle tornerebbero ad essere terreno di gioco anche per noi.
Ma l’appetito vien mangiando.
Tutti parliamo del 5G e pensiamo agli smartphone. Ebbene il 5G in realtà serve a ben altro. Il 5G è l’abilitatore del cosiddetto IoT (Internet of Things) l’internet delle cose e soprattutto dell’internet per l’industria.
Ma che cosa è l’internet delle cose?
Ebbene, la tecnologia della sensoristica è talmente evoluta che un piccolissimo e a volte invisibile sensore (di temperatura, di pressione, di posizione, di umidità, di luce, ecc.) può essere collegato in rete (ad internet) e può fornire le sue informazioni che vengono immagazzinate nei data center ed elaborate dalle applicazioni.
Per collegare questo minuscolo sensore ad internet si usano reti wireless 5G. Questo perché lo standard 5G consente il collegamento di un numero enormemente grande di oggetti (difficile con il 4G) e con una affidabilità elevatissima (non raggiungibile con WiFi).
In una economia manifatturiera come quella italiana è facile capire l’importanza di sviluppare il 5G e l’IoT per disseminare i macchinari delle nostre aziende di sensori. Questo consentirebbe di raccogliere informazioni che opportunamente elaborate consentirebbero di migliorare i processi produttivi rendendoli più efficienti e rendendo quindi le nostre imprese più competitive sui mercati globali.
Ma chi elabora queste informazioni e dove?
Ed ecco che possiamo entrare in campo anche sull’ultimo pezzo del puzzle.
I dati saranno elaborati in Edge Data Center da sistemi di Intelligenza Artificiale e Machine Learning. Abbiamo in sostanza l’occasione di sviluppare nostre applicazioni di AI.
Una applicazione di AI per diventare operativa e ‘intelligente’ ha bisogno di ‘imparare’. Per imparare deve analizzare e correlare grandi quantità di dati. Dati che sarebbero forniti dalle nostre imprese e dai nostri cittadini.
L’occasione è unica. Ma quanti, nel mondo politico che è chiamato a creare le condizioni perché questo accada, sono in grado di comprenderlo? Quanti sono in grado di sapere cosa deve essere fatto per creare quelle condizioni che 30 anni fa negli Stati Uniti hanno fatto nascere GAFAM?
Come direbbe qualcuno, lo scopriremo solo vivendo.
Una cosa è certa. Serve merito e non raccomandazioni. Serve selezionare i migliori talenti e manager che abbiamo nel nostro paese, che sono spesso penalizzati e non valorizzati, perché ci aiutino a cogliere questo processo di innovazione. Abbiamo la possibilità di tornare finalmente al centro del Digitale e dell’ICT mondiale. Abbiamo bisogno di discontinuità e di persone che siano libere da condizionamenti dettati da interessi personali e rendite di posizione. Quello che ha portato alla distruzione, negli ultimi 30 anni, di tutte le eccellenze che abbiamo avuto nelle telecomunicazioni e nell’ICT italiano