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28 Novembre 2023
La sanità tradita dal governo Meloni
6 Dicembre 2023– Autore: Alessandro Rosina –
L’Italia ha in comune con le altre economie mature avanzate la sfida di assicurare una buona qualità della vita alle persone che, grazie alla longevità, arrivano in età anziana (contando su adeguate pensioni, possibilità di cura e assistenza). Ha, però, meno condizioni per riuscirci a causa della riduzione continua della consistenza delle generazioni che entrano in età lavorativa, ovvero della componente che genera sviluppo, finanzia e fa funzionare il sistema di welfare.
La popolazione italiana ha già perso la capacità endogena di crescere. Invertire la tendenza negativa della natalità non porterà la popolazione ad aumentare ma può ridurre gli squilibri strutturali interni, tra vecchie e nuove generazioni, evitando che peggiorino ulteriormente fino a diventare insostenibili. In particolare, la prospettiva verso cui andiamo incontro è quella di trovarci ad entrare nella seconda metà di questo secolo con ventenni demograficamente ridotti alla metà dei settantacinquenni. Mettiamoci nei panni di quei ventenni: con squilibri così accentuati, saremo per loro un paese attrattivo? Riusciremo a convincerli a rimanere per accollarsi il debito pubblico e i costi di un rapporto tra anziani e popolazione attiva tra i più sfavorevoli al mondo? E’ oggi che si decide se l’Italia andrà o meno incontro a tale destino.
Non si tratta di convincere ad avere figli o di creare pressione psicologica su chi non li vuole, ma semplicemente di favorire un ecosistema favorevole alla libera scelta di averli. I margini su cui possono agire le politiche familiari in Italia sono ampi, dato che lo spazio strategico possibile è quello del divario (“deficit demografico”) tra la fecondità attuale (1,24) e il numero desiderato (attorno a 2) o quantomeno il valore che l’esperienza di altri paesi europei mostra come raggiungibile (ad esempio l’1,8 della Francia).
E’ bene essere consapevoli che per la situazione in cui il nostro Paese si trova (come combinazione di persistente bassa fecondità e struttura demografica sbilanciata a sfavore delle nuove generazioni) la possibilità di dare impulso a una solida fase di inversione di tendenza si può ottenere solo allineando le politiche familiari alle migliori esperienze europee (dalle quali continuiamo ad essere molto lontani), in combinazione con quelle generazionali e di genere. Il miglioramento delle condizioni di autonomia abitativa dei giovani e di entrata solida nel mondo del lavoro consente anche di formare una famiglia e di avere figli. L’aumento dell’occupazione femminile in combinazione con politiche di conciliazione (a livello pubblico e come welfare aziendale) porta ad aumentare anche la fecondità e a ridurre il rischio di povertà delle famiglie con figli. Le politiche familiari vanno considerate, quindi, come parte centrale delle politiche di sviluppo per la relazione che hanno con l’occupazione, la crescita solida delle nuove generazioni, le condizioni di benessere
La stessa gestione dell’immigrazione va considerata parte di un’azione sistemica di rafforzamento strutturale del paese, con misure che aiutino tutti gli ingranaggi di integrarsi positivamente e girare nella direzione giusta. Se da un lato, l’immigrazione è un fattore rilevante per rispondere nell’immediato agli squilibri demografici e ai fabbisogni delle imprese in molti settori, d’altro lato non è possibile un’attrazione di qualità senza sviluppo economico e possibilità di effettiva integrazione lavorativa e sociale.