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22 Gennaio 2024LA SCUOLA AVAMPOSTO CIVILE DEL PAESE
25 Gennaio 2024-Autore: Mikhail Maslennikov –
Viviamo in un’epoca dominata da molteplici tensioni e sfide esistenziali di fronte alle quali fatichiamo a fare fronte comune. Sfide che minacciano le prospettive di uno sviluppo socio-economico sostenibile ed inclusivo e che sono aggravate dall’approssimarsi di un catastrofico “punto di non ritorno climatico”.
Le recenti crisi – la pandemia da COVID-19, la crisi alimentare ed energetica, lo shock inflattivo, la crisi climatica, i conflitti internazionali in corso – si sono sovrapposte ed amplificate a vicenda, investendo simultaneamente i sistemi ecologico, economico, politico e sociale e acuendo le nostre fragilità. Le crisi hanno anche rivelato le fratture di lungo corso che caratterizzano le nostre società e scardinato alcune false narrazioni come quella di “trovarci tutti sulla stessa barca”. Se è vero che solchiamo le acque dello stesso mare, alcuni sono però comodamente sistemati in super-panfili mentre troppi occupano un posto su imbarcazioni mal messe e alla deriva.
L’ultimo rapporto di Oxfam, “Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi”, restituisce la fotografia di quello che non stentiamo a definire come l’inizio del ‘decennio dei grandi divari’. Dall’inizio della pandemia i 5 uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato, in termini reali, le proprie fortune, a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora, mentre la ricchezza aggregata di quasi 5 miliardi delle persone più povere non ha mostrato barlumi di crescita. Ai ritmi attuali, nel giro di un decennio potremmo avere il primo trilionario della storia dell’umanità, ma ci vorranno oltre due secoli perché l’incidenza della povertà estrema scenda sotto la soglia dell’1%. La ricchezza è fortemente concentrata nel Nord globale, dove vive soltanto il 21% della popolazione mondiale, ma dove è localizzato il 69% dei patrimoni privati ed il 74% della ricchezza miliardaria globale (Figura 1).
Figura 1. Fonte: Calcoli di Oxfam sulla base dei dati della lista Forbes dei miliardari e del Global Wealth Report 2023 di UBS-Credit Suisse
La dinamica della concentrazione della ricchezza non dovrebbe sorprenderci. Per i più facoltosi le poste patrimoniali hanno prevalentemente natura finanziaria e la proprietà dei titoli finanziari è fortemente concentrata al vertice della piramide distributiva: la quota di ricchezza finanziaria dell’1% più ricco globale è prossima al 60%. Sette tra le dieci più grandi imprese al mondo hanno un miliardario come amministratore delegato o azionista di riferimento e l’accresciuto valore in borsa delle grandi imprese riflette la loro eccezionale performance degli ultimi anni. Il 2023 è, in particolare, l’esercizio che rischia di passare agli annali come il più redditizio di sempre. I super-profitti societari sono fluiti in larghissima misura ai ricchi azionisti sotto forma di dividendi o buyback azionari. Molto poco è andato invece al fattore lavoro che contribuisce non poco alla creazione di valore, ma che è sistematicamente ricompensato in modo inadeguato. A maggior ragione in un periodo di crisi che ha visto i salari di 800 milioni di lavoratori in 52 Paesi non tenere il passo dell’inflazione.
I divari economici e sociali preoccupano i cittadini, alimentano un diffuso sentimento di frustrazione, impotenza e perdita di controllo sul proprio futuro. Marcate disparità rischiano oggi di essere normalizzate e considerate come un fenomeno casuale ed ineluttabile. Non c’è nulla di più erroneo. Le disuguaglianze sono piuttosto il risultato di scelte della politica che hanno prodotto negli ultimi decenni profondi mutamenti nella distribuzione di risorse, dotazioni, opportunità e potere tra gli individui.
La dinamica del potere rappresenta la principale chiave narrativa del rapporto di Oxfam.
Ad essere affrontata in primo luogo è la dimensione economica del potere, la cui accresciuta concentrazione – sospinta dal rilassamento delle politiche di tutela della concorrenza e “agevolata” dalla finanziarizzazione dell’economia e dalla sempre più marcata presenza del settore privato nella sfera pubblica – ha incrementato le rendite di posizione, indebolito il potere contrattuale dei lavoratori, soprattutto quelli meno qualificati, e prodotto forti sperequazioni nei premi distribuiti dai mercati. Una redistribuzione alla “rovescia” con un trasferimento di risorse da lavoratori e consumatori a titolari e manager di grandi imprese monopolistiche con conseguente accumulazione di enormi fortune nelle mani di pochi.
Tra le cause dietro l’aumento delle disuguaglianze non si può neppure ignorare il ruolo del potere politico che si interessa sempre meno di questioni rilevanti per il benessere economico dei meno abbienti, come la progressività delle imposte, il controllo degli affitti o percorsi efficaci di inclusione sociale e lavorativa.
In Italia, le disuguaglianze da tempo si intrecciano, sovrappongono e rafforzano nel passaggio tra le generazioni, disegnando strutture di opportunità individuali e collettive e modalità di cittadinanza differenziate per diversi gruppi sociali e territori, profondamente ridimensionate per chi si trova nelle periferie esistenziali ovveroall’intersezione di multipli fattori di svantaggio legati all’appartenenza sociale e al grado di sviluppo del contesto territoriale in cui vive.
Da oltre due decenni assistiamo al fenomeno dell’‘inversione delle fortune’ con la crescita della quota di ricchezza del 10% degli italiani più ricchi e un parallelo calo della quota del 50% più povero dei nostri connazionali (Figura 2). Occupiamo le prime posizioni in UE per livello di disuguaglianza dei redditi. La povertà assoluta ha una diffusione che ha superato i livelli di guardia e non è più un fenomeno che riguarda il solo Mezzogiorno o le coorti più anziane. Il mercato del lavoro presenta una marcata segmentazione ed è contraddistinto da crescenti disuguaglianze retributive – un riflesso delle politiche di flessibilizzazione implementate dalla fine degli anni Novanta – e dal diffondersi del lavoro povero.
L’accresciuta consapevolezza per gli effetti nocivi delle elevate disuguaglianze stenta a tradursi in un’azione di contrasto alle disparità decisa ed efficace. L’esecutivo Meloni non fa eccezione: l’azione di governo nel primo anno della nuova legislatura si è caratterizzata più per il riconoscimento e la premialità di contesti ed individui che sono già avvantaggiati che per una lotta determinata contro meccanismi iniqui ed inefficienti che accentuano le divergenze nelle traiettorie di benessere individuale.
Figura 3. Fonte: Stime condivise dagli autori del Global Wealth Report 2023 di UBS-Credit Suisse, rielaborazione Oxfam
La riforma del reddito di cittadinanza, istituto che ha contenuto la diffusione della povertà e le disuguaglianze, farà sì che in Italia non basterà più essere indigenti per ottenere un supporto continuativo nel tempo, ma si dovrà anche ricadere in una categoria ritenuta eccezionalmente svantaggiata. Chi non vi afferisce, anche se in condizioni di bisogno, dovrà cavarsela quasi da solo. È un povero abile che non ha più scusanti per non accedere al mercato del lavoro. Non importa che ne sia magari lontano da tempo, che non abbia competenze spendibili o che le opportunità di impiego siano carenti.
La mancanza di una chiara politica industriale, orientata alla creazione di buoni posti di lavoro, è di fatto una rinuncia a contrastare l’indebolimento dell’economia e a riqualificare lo sviluppo del Paese in campo tecnologico e ambientale. L’ulteriore liberalizzazione dei contratti a termine e del lavoro occasionale rischia di rafforzare la trappola della precarietà. L’opposizione al salario minimo legale è una scelta emblematica di un profondo disinteresse a tutelare i lavoratori meno protetti, impiegati in settori in cui la forza dei sindacati è minima.
Sul fronte delle politiche fiscale l’anno passato verrà ricordato per una riforma del fisco priva di un solido modello di riferimento, che svilisce la progressività impositiva, esacerba le iniquità orizzontali, legittima e incentiva l’evasione.
Cambiare rotta è necessario. Garantire un futuro più equo e dignitoso per tutti è un imperativo etico. Misure per un fisco più giusto, politiche che ridiano potere, dignità e valore al lavoro, un sistema di welfare a vocazione universalistica che tuteli in modo equo chiunque si trovi in condizione di bisogno rappresentano alcuni dei tasselli dell’agenda per l’uguaglianza che proponiamo. Un’agenda orientata a promuovere economie più inclusive e società più dinamiche e coese, a favorire la partecipazione piena e attiva dei cittadini alla vita economica e politica del Paese, mettendoli in condizione, con le parole del Premio Nobel per l’Economia Amartya Sen, di “fare ed essere ciò cui aspirano nella propria vita”.
Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia